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Il Gatto con gli stivali I musicanti di Brema
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Il gatto con gli stivali di C. Perrault
U n mugnaio, morendo, non lasciò altra eredità ai suoi tre figliuoli che un mulino, un asino e un gatto. Le divisioni perciò furono presto fatte, e non ci fu bisogno di chiamare né il notaio, né il procuratore. Il maggiore si prese il mulino, il secondo l'asino e il più giovane dei fratelli dovette accontentarsi del gatto. Il ragazzo però non poteva darsi pace per essere stato trattato cosi male e diceva tra sé : "I miei fratelli potranno guadagnarsi la vita onestamente mettendosi in società; io invece, quando avrò mangiato il mio gatto e mi sarò fatto un colletto col suo pelo, dovrò rassegnarmi a morire di fame". II Gatto, che aveva compreso ogni cosa, pur fingendo di non darsene per inteso, disse con aria seria e grave: "non tormentatevi così, padrone ! Procuratemi invece un sacco e un paio di stivali, perché io possa camminare tra gli sterpi del bosco, e vedrete che non siete stato cosi sfortunato nell’eredita’ come credete".
Sebbene il
padrone del Gatto non facesse molto affidamento su quelle parole,
tuttavia non disperò di ricevere da lui un po' d'aiuto nella sua miseria. Quante volte
infatti, lo aveva visto fare dei giochi di abilità per prendere i topi,
ora lasciandosi penzolare e tenendosi per le zampe posteriori, ora
nascondendosi nella farina fingendosi morto!
Quel
furbacchione di un gatto tirò alla svelta i cordoncini, poi prese la
bestiolina e la uccise senza misericordia. Tutto trionfante per la
preda fatta, si recò dal Re e domandò di parlargli. "Di' al tuo padrone" rispose il Re, "che lo ringrazio e che ho molto gradito il suo presente".
Un'altra volta
il Gatto andò a nascondersi in mezzo al grano, e dispose sempre il sacco
in modo che stesse aperto. Appena vi entrarono due pernici, tirò i
cordoncini e le prese tutte e due. Il Gatto continuò cosi per due o tre mesi a portare di quando in quando al Re la selvaggina che, come diceva lui, aveva cacciato il suo padrone.
Un giorno,
avendo saputo che il Re doveva andare a fare una passeggiata in carrozza
lungo la riva del fiume assieme alla figlia (che era la più bella
Principessa del mondo), disse al padroncino:
A quel grido il
Re mise fuori la testa dal finestrino, e, riconoscendo il Gatto che gli
aveva portato tante volte la selvaggina,
ordinò alle guardie di correre in aiuto del marchese di Carabas. (Invece era stato quel furbacchione del Gatto a nascondere gli abiti del padrone sotto una grossa pietra!). Il Re ordinò immediatamente agli ufficiali addetti al suo guardaroba di andare a prendere uno dei suoi vestiti più belli per il marchese di Carabas. Quando il giovane li ebbe indossati, si presentò al Re, e questi gli usò mille gentilezze. Quegli abiti gli stavano veramente bene e mettevano in risalto la naturale bellezza dei suoi tratti e 1'eleganza della persona, tanto che la figlia del Re se ne senti subito attratta. Bastarono due o tre occhiate un poco tenere, perché la fanciulla se ne innamorasse perdutamente. Il Re riprese la passeggiata interrotta e volle che il giovane salisse sulla carrozza e li accompagnasse. Il Gatto, felice di vedere che tutto procedeva secondo il suo disegno, andò avanti per conto suo… Lungo la strada incontrò alcuni contadini che falciavano un prato e disse loro: "buona gente che falciate l'erba, se non dite al Re, quando passerà di qui, che questo prato appartiene al marchese di Carabas, finirete tagliati a pezzettini come carne da polpette". Tosto sopraggiunse il Re, che per l'appunto chiese ai contadini di chi fosse quel prato che stavano falciando. E quelli risposero in coro, spaventati dalle minacce del Gatto: "Del marchese di Carabas"!!! "Avete una bella proprietà!" disse il Re al marchese. "Come vedete, Sire" rispose il giovane, "é terra fertile, e tutti gli anni mi dà un ottimo raccolto". L'astuto Gatto, che li precedeva sempre, incontrò alcuni mietitori e disse loro: "buona gente che tagliate il grano, se non dite che queste messi appartengono al marchese di Carabas, finirete tagliati a pezzettini come carne da polpette". Il Re, che passò di là subito dopo, volle sapere di chi fosse tutto quel grano che vedeva. "È del marchese di Carabas" risposero i mietitori; e il Re se ne rallegrò molto col giovane. Il Gatto, che camminava sempre davanti alla carrozza, continuava a dire la stessa cosa a tutti quelli che incontrava lungo la strada; cosi il Re non finiva più di meravigliarsi delle grandi ricchezze del marchese di Carabas.
Finalmente
giunse a un bel castello di proprietà di un Orco, che era il più ricco
che si fosse mai visto; infatti tutte le terre che il Re aveva percorso
con la carrozza, erano in realta’ di sua proprietà. Allora il Gatto prese a dire: "Mi hanno assicurato che avete la capacità di mutarvi in ogni sorta di animali; che potete, per esempio, trasformarvi in leone oppure in elefante". "È vero!" rispose l'Orco con fare brusco, "e per dimostrarvelo, diventerò un leone sotto i vostri occhi". Il povero Gatto si spaventò talmente nel vedersi davanti quella bestia feroce, che si rifugiò sulle grondaie. Dopo un po' pero’, avendo visto che l'Orco aveva ripreso le sue solite sembianze, si decise a scendere. "Mi hanno anche assicurato" riprese a dire il Gatto, "ma io stento a crederci, che avete la facoltà di trasformarvi anche in un animale piccolissimo, come la talpa e il topo: vi confesso però che tutto ciò mi sembra davvero impossibile". "Impossibile?" disse l'Orco. "Ora vedrete!" Cosi dicendo si mutò in un topolino e prese a correre sul pavimento della stanza. Il Gatto, appena lo vide, si gettò come un lampo su di lui e ne fece un boccone. In quel mentre il Re, che nel passare di là aveva notato il magnifico castello dell'Orco, volle entrare per visitarlo. Il Gatto udendo il rumore della carrozza, che attraversava il ponte levatoio, corse incontro al Re e gli disse: "Vostra Maestà sia la benvenuta nel castello del marchese di Carabas!" "Ma come, marchese!" esclamò il Re; "questo castello é dunque vostro? Non ho mai visto niente di più bello: che eleganza ed armonia di linee, quale grandiosità e che splendidi giardini, visitiamone l'interno, se non vi dispiace", disse il Re. Il marchese offrì la mano alla giovane Principessa e assieme seguirono il Re, il quale si era avviato per primo. Entrarono in una grande sala, dove trovarono pronta una magnifica colazione, che l'Orco aveva fatto preparare prima per se.
Il Sovrano fu conquistato
dalle buone maniere del marchese di Carabas - che dire poi della figlia,
che ne era innamoratissima - e vedendo la vastità dei suoi possedimenti,
disse:
"Dipende
soltanto da voi marchese... se volete diventare mio genero!". Naturalmente il gatto rimase con gli sposi. Ebbe un bel cuscino di seta accanto al fuoco, nella sala del trono durante l'inverno, ed una bella cuccetta sotto il pergolato d'estate. Il figlio del mugnaio diventò dunque il marito della Principessa, ma siccome era un giovane onesto e sincero, non volle continuare ad ingannare la moglie ed il Re. Raccontò come erano andate veramente le cose. Spiegò per filo e per segno quello che aveva architettato il gatto, dalla prima fortunata caccia nel bosco al colpo maestro dell'uccisione dell'Orco, fino alla conquista del castello. Liberato da questo peso, il marchese di Carabas visse felice con la sua sposa ed ebbe tanti figliuoli, che giocarono allegramente col gatto, per nulla meravigliati di vedergli indosso gli stivali! Anch'essi divertendosi un mondo, ascoltarono la storia del cattivo Orco, trasformato in topino e divorato dal gatto.
CARATTERISTICHE PRINCIPALI Il marchese di Carabas non puo’ che fidarsi del gatto, visto che lo ha ricevuto in EREDITA’. Essa simbolicamente rappresenta nuove aspettative inconsce di apertura a future prospettive. In fondo niente puo’ essere peggiore della situazione di poverta’ dell’inizio della fiaba. Anziche’ il modello “O QUESTO, O QUELLO…” il gatto con gli stivali ha la facolta’ di creare il nuovo modello “E…. E…..” Ossia da una disarmante situazione iniziale di miseria senza via d’uscita, dove l’unica cosa che il giovane puo’ fare con un gatto e’ mangiarselo e farci un colletto di pelo; il felino, incominciando a parlare al fanciullo, sancisce l’inizio di un’alleanza (del fanciullo stesso con la propria parte istintiva e intuitiva), che determinera’ positivamente tutte le vicende future, aprendo nuovi fronti d’azione. CONNESSIONE CON LA NATURA, che tradotto vuol dire leggere tra le righe delle situazioni anche difficili, vedendo le cose da altre angolazioni per trarre sempre nuovi spunti. Il gatto e’ tutto cio’ che e’ stato destinato al terzogenito. Implicitamente cio’ significa che quest’ultimo e’ l’unico dei tre figli in grado di “riconoscere” l’animale nel pieno del suo potenziale con tutto il suo bagaglio di forze istintive e intuitive. A sua volta, sara’ proprio con il fanciullo e solo con lui, che il gatto iniziera’ a parlare, rivelando via via le sue capacita’. Come parte della personalita’ del marchese di Carabas, il gatto rappresenta percio’ la sua stessa ISPIRAZIONE e CONNESSIONE A VISIONI PIU’ AMPIE che scavalcano (con i grandi stivali) gli ostacoli dell’indigenza e dell’apparente scarsita’ di risorse. Infatti, quando siamo connessi riusciamo a cogliere le nostre ispirazioni e mettiamo in atto il motore che spinge il nostro POTENZIALE OLTRE AI LIMITI dei condizionamenti. Limiti che nella fiaba sono espressi dal figlio del mugnaio che si vede povero e si domanda “cosa me ne faro’ di un gatto”? Egli esprime la sua semplice logica razionale, che si limita ad analizzare i fatti. Conseguentemente non puo’ che ipotizzarli al peggio e senza alcuna prospettiva futura. In questa fiaba il gatto, da bravo alleato interiore, non vuole la ricchezza per se, ma cerca in tutti i modi di finalizzarla al conseguimento del matrimonio del suo padrone, l’unione perfetta di maschile e femminile. Pertanto il gatto vede e agisce secondo disegni piu’ ampi e proprio in tal senso questa e’ una FIABA MOLTO SPIRITUALE. La stessa spiritualita’ dell’andare oltre il limite della semplice ragione, per raggiungere "il mare dell’indistinto", meta di ogni essere umano, espressa solitamente da frasi, come “vorrei essere sereno e felice”. Con questi modi di dire e' come se volessimo rappresentare la ricerca dell’unita’ primordiale e implicitamente, la nostra divina provenienza. In questa fiaba persino il DENARO E’ MOLTO SPIRITUALE, in quanto la ricerca di ricchezza materiale e prestigio (le terre, il castello dell’orco, etc) non e’ fine a se stessa, ma facendo parte del disegno piu’ ampio del gatto, costituisce la ricerca di una grande e profonda preziosita’ interiore, volta al conseguimento del matrimonio, che nelle fiaba completa e realizza il processo di individualizzazione, oltre al quale ci attende il raggiungimento dell’equilibrio perfetto nella perfetta unione cosmica: il ritorno al Divino che incomincia proprio dal “e vissero felici e contenti”. La ricerca della ricchezza e lo sviluppo della preziosita’ interiore, traspare anche dal fatto inequivocabile che il gatto RISPETTA IL SUO RUOLO pienamente, in quanto servendo al massimo il suo padrone, rimane sempre perfettamente nei suoi ranghi di animale e di aiutante (L’ALLEATO INTERIORE). Per tutta la vicenda pare che il gatto trasbordi il proprio ambito ad ogni mossa... e infatti egli ci rimanda il messaggio che, cosi’ scaltro com’e’, se avesse voluto, avrebbe potuto arricchire se stesso anziche’ il suo padrone. … Ma a quale scopo? Il nostro saggio gatto e’ perfettamente consapevole che, in quanto animale, per se stesso necessita solo di “un cuscino comodo accanto al fuoco” in inverno e “dell’ombra di un pergolato” in estate. Egli sa perfettamente che per possedere queste cose, deve semplicemente contribuire alla prosperita’ e alla stabilita’ del suo padrone, che a sua volta, per infinita gratitudine, gliele garantira’. Pertanto, ogni elemento in questa fiaba sta perfettamente al suo posto, nei propri ranghi e nel proprio RUOLO ben delineato, contribuendo al mantenimento dell’equilibrio della vicenda, fino al successo finale, sancito dalla prospera stabilita’ familiare. Un'ulteriore, importantissimo aspetto: come piu' volte ribadito, le fiabe sono rappresentazione di frammenti dell'immaginario. L'immaginario ha come forza intrinseca qualcosa per noi fattibile in quanto immaginato. Non esiste azione che non sia stata anticipata a livello di immaginario (anche se solo a livello inconscio). Il Gatto, per quasi tutta la fiaba, non fa che cercare di "portarsi avanti", di precedere gli altri e le loro vicende che poi lo seguiranno secondo nuovi stimoli imposti dall'animale stesso che, a sua volta li aveva previsti. Proprio in tal senso questa e' la fiaba dove l'immaginario che precede l'azione risiede all'interno dell'immaginario stesso che precede l'azione medesima. Il Gatto sa sapientemente anticipare gli eventi prima che essi accadano: egli e' un grande forgiatore di rappresentazioni fantastiche e conseguentemente di comportamenti.
I musicanti di Brema dei F.lli Grimm
(Monumento dedicato ai "Musicanti di Brema" Citta' di Brema - Germania)
U
n
uomo aveva un asino
che per molti anni aveva portato assiduamente i sacchi al mulino, ma
ormai le forze lo avevano abbandonato e non era più abile al lavoro.
Lì, pensava, avrebbe potuto far parte della banda municipale.
Poi, a un segnale,
cominciarono tutti assieme a dare il loro concerto: l’asino ragliava, il
cane abbaiava, il gatto miagolava, e il gallo gridava il suo chicchirichì: poi tutti piombarono nella stube facendo tintinnare i
vetri. I briganti, a quell’orrendo schiamazzo, balzarono in piedi,
poiché avevano creduto che si trattasse di spiriti e fuggirono pieni di
paura nel bosco.
E così ci stanno ancora.
( Monumento dedicato ai "Musicanti di Brema" Citta' di Brema - Germania)
CARATTERISTICHE PRINCIPALI I 4 personaggi inizialmente hanno un momento di abbattimento e quasi tendono a cedere, ma poi accettano di essere coinvolti e trascinati dal leader (l'asino) e anche dal loro stesso istinto che li porta a rendersi conto, forse inconsciamente, ma comunque spontaneamente, che la collaborazione tra loro e’ veramente importante. L'umilta' e' proprio conseguenza fisiologica del riconoscimento e della gratitudine delle "risorse" altrui: l'asino che evidenzia le doti di ogni singolo animale che incontra. L'umilta' e le sollecitazioni positive dell'asino (come un direttore d'orchestra) li induce implicitamente a diventare consapevoli delle proprie capacita'. Piu' questo avviene verso noi stessi, piu' sara' un processo spontaneo anche verso gli altri... a nostra volta. E' proprio questo che fortifica la nostra capacita' di leadership (...anche noi quindi, come direttori d'orchestra). Ecco dunque il concerto dei nostri 4 eroi: finche' non si mette in pratica, cioe' passando all'azione, l'umilta' rimane solo una parola... quindi e' come se non esistesse. Pertanto, per riconoscere le nostre e le altrui capacita' e' fondamentale l'umilta' (l'asino) e sapersela riconoscere anch'essa come talento. Dietro alla propositivita' dell'asino ci sono proprio le caratteristiche che gli esseri umani proiettano su questo animale: l'ostinatezza che porta alla saggezza (umilta' e innocenza) e percio' alla soluzione delle cose. I nostri personaggi sono creativi perche' sfruttano al massimo i loro talenti che, nelle situazioni estreme, fanno loro risolvere le cose e trovare le opportune soluzioni, oltre ovviamente alla possibilita' di fare sempre piu' chiarezza sui propri obiettivi. Umilta', collaborazione, nutrimento reciproco, cooperazione, unione, talenti e risorse... questo e molto di piu' e' rappresentato (e sublimato dal banchetto dei nostri 4 eroi) da questa equilibrata, armoniosa e simpaticissima fiaba. Essi, proprio per raggirare il male (i loro rispettivi padroni che adesso non li considerano piu') con la loro astuzia, devono collaborare. Impareranno per forza di cose, ma spontaneamente, a collaborare, sfruttando ognuno le proprie risorse. Addirittura al punto da poter "spaventare il male" (i briganti: essi ci ricordano che quando si collabora si teme che i "soci" ci possano rubare qualcosa). Fino a potersi rilassare e addormentare... come dire che proprio ora si sentono confermati e al sicuro nel proprio ruolo, nel senso di "ognuno al proprio posto giusto, nel momento giusto". La consapevolezza del proprio ruolo fortifica la presenza, al punto che si e' protetti da qualsiasi attacco. Infatti quando si e' innocenti si e' implicitamente elevati al rango di umani e automaticamente al sicuro, in quanto necessari (per suonare nella banda del paese - come solo gli essere umani possono fare, appunto).
ALCUNI SUGGERIMENTI PER PROSEGUIRE IL LAVORO - parlare di se, con uso di metafore, rispetto ai punti piu’ importanti della fiaba; - scrittura creativa e di scoperta rispetto ai temi sopra citati; - mappa dei propri mentori; - meditare su: "Quali fatti, apparentemente casuali, ti hanno dato la prova di essere protetto da qualsiasi attacco?" - In ultima analisi con queste fiabe e' bello potersi domandare: "le nostre risorse, se fossero animali, quali sarebbero?". E ancora: "senti che c'e' la festa interiore e il banchetto interiore, quando metti in campo tutte le parti di te, al massimo del loro potenziale e della loro interazione possibile?"
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